domenica 19 aprile 2015

Gli insegnanti e il digitale

Ho terminato recentemente due brevissimi corsi dedicati alle competenze digitali degli insegnanti per USR del Piemonte e, come spesso accade, il confronto con colleghi che dimostrano una particolare attenzione verso il digitale è sempre molto ricco e fruttuoso.
Ho trovato in generale maggiori competenze specifiche e anche un’attenzione critica che solo qualche anno fa era difficile rintracciare anche fra i pochi “iniziati” che seguivano simili corsi.
Nel generale giudizio positivo mi è sembrato tuttavia di rilevare almeno due criticità relative alle aspettative e all’approccio formativo che condizionano significativamente l’efficacia di questi percorsi.
Apprendere è un’attività complessa, anche se lo sforzo è prodotto da coloro che normalmente sono dall’altra parte della comunicazione didattica: i docenti.
Per definizione quindi, noi insegnanti, siamo per lo più impegnanti a individuare particolarità, difficoltà e stili diversi di apprendimento per meglio pianificare le azioni didattiche che riteniamo più opportune.
La formazione e soprattutto l’esperienza ci hanno presto rivelato quanto complessa è la relazione didattica: spesso tanto quanto sono gli alunni a noi affidati.
Quando invece tocca a noi apprendere, guidati da una sorta di riduzionismo cognitivo, facciamo affidamento a pratiche e metodologie consolidate che hanno o hanno avuto successo in contesti “tradizionali” ma che forse sono meno adatte per le competenze informali proprie degli ambienti 2.0.
Questi ultimi, quasi per definizione, si esplorano seguendo percorsi, talvolta anche poco fruttuosi, che, proporzionalmente alla pratica acquisita su dispositivi e servizi, mappano lo spazio virtuale e quello cognitivo dell’esperienza degli utenti.
In questo senso le pratiche che meglio premiano i processi di apprendimento sono quelli che più assomigliano al gioco, all’attività ludica.
Non è un caso infatti che i risultati più significativi e duraturi provengono spesso da atteggiamenti esplorativi elementari di tipo prova-errore più che dall’annotazione analitica delle singole prestazioni.
Se infatti esiste una connotazione dove l’infelice espressione “nativi digitali” può trovare un senso, forse questa sta proprio nella naturale predisposizione delle nuove generazioni ad “addomesticare” in minor tempo le tecnologie.
Ciò naturalmente non significa averne una conoscenza sistematica e profonda che dovrà necessariamente passare per una riorganizzazione critica più complessa. Rimane tuttavia innegabile il numero e la qualità delle abilità acquisite con uno stile di apprendimento meno formale.
L’atteggiamento più fruttuoso, come mi è già capitato di osservare, è quello dello studioso di una lingua straniera che invece di avvalersi di esercizi e dizionari per la traduzione si cala direttamente nel contesto socio-culturale della lingua in uso.
In altre parole occorre sforzarsi di superare l’angoscia delle competenze meccaniche e operative per dedicarsi innanzitutto alle potenzialità sociali e comunicative del digitale che poi rappresentano, almeno nella didattica, l’aspetto più rilevante del suo portato innovativo.
Anche le aspettative che gli insegnanti pongono sui percorsi di formazione dedicati alle competenze digitali non favoriscono un efficace atteggiamento conoscitivo.
Il tema di che cosa sono o cosa si debba intendere per “competenze digitali degli insegnanti” rischierebbe di rendere non pertinenti queste poche righe: di sicuro non possono ridursi a poche fasi operative per la gestione di un software o ad un indice analitico di tools e servizi magari monotematici, prestrutturati e per nulla personalizzabili.
Quando parliamo di digitale oggi non ci riferiamo solo ad una forma di organizzazione tecnica, seppure prevalente, ma piuttosto ad un nuovo spazio in cui si regolano la cultura, i saperi e le modalità comunicative della società contemporanea.
La scuola e i suoi attori principali dovrebbero guadagnarsi ampi spazi di azione che non si possono descrivere in quattro modalità operative del tutto simili ad una ricetta di cucina!
La riflessione sulle competenze digitali dovrebbe impegnare i docenti ad investigare come queste possano essere innanzitutto sfruttate a supporto della propria crescita professionale prima ancora di produrre lo sforzo della mediazione didattica.
L’obiettivo principale è l’acquisizione di una vera e propria cittadinanza digitale via via sempre più complessa capace di interpretare i nuovi linguaggi alla velocità delle loro mutazioni e di gestire la complessità dei nuovi ambienti di apprendimento.
La sfida è impegnativa soprattutto perché prevede un percorso “in fieri” che costringerà gli insegnanti ad assomigliare sempre più a dei ricercatori più che ai depositari di un sapere il quale, pur mantenendo inalterati i valori sostanziali, ha bisogno di essere declinato dinamicamente nei casi della contemporaneità.