domenica 22 gennaio 2012

Tre e quattro cose...: la prima

Ogni tanto, a fiammate improvvise, si apre il dibattito sull'uso delle nuove tecnologie a scuola. É di oggi (22/01/12) un articolo su Repubblica che riprende la querelle che questa volta ha preso avvio dalle note dichiarazioni del ministro Profumo ribattute dal linguista Simone (Repubblica del 12 gennaio) che esprimeva più di qualche dubbio sull'uso dei dispositivi digitali a scuola.
Il tema è appassionante e ormai il dibattito annovera così tante voci autorevoli che non aggiungerò sicuramente la mia, anche se la sensazione di una generale approssimazione e disinformazione, probabilmente dovuta alla semplificazione giornalistica, prevale.
Solo nella regione Piemonte infatti sono circa dieci anni che scuole diverse di diverso ordine e grado stanno sperimentando il digitale a scuola: le progettazioni sono numerose e varie, basterebbe informarsi meglio per averne il panorama completo.
Inoltre quest'anno sta giungendo a conclusione una sperimentazione di livello nazionale denominata Cl@ssi 2.0. Partita nel 2009 ha coinvolto 156 classi di scuola media in tutta Italia cui il ministero ha concesso ben 30mila euro perché i consigli di classe potessero sperimentare e modificare l'ambiente di apprendimento attraverso le tecnologie digitali.
Devo dire che dal mio ristretto osservatorio, comunque privilegiato, dato che sono un referente di una di queste cl@ssi 2.0, continuano ad esserci molte cose che mi sfuggono.
La prima è il completo isolamento che queste classi, sicuramente la mia, hanno con il mondo esterno; soprattutto con quegli ambienti che, almeno a parole e articoli, appaiono maggiormente interessati al tema dell'innovazione nella formazione.
Non c'è stata un'istituzione universitaria interessata al nostro percorso, neppure quella designata dal ministero a farci da tutor. Non ci sono state istituzioni culturali, fondazioni, case editrici ecc. interessate a co-sperimentare un percorso condiviso tanto meno attente ai risultati; erano molto più solerti nel redigere preventivi e offerte, a loro dire, irrinunciabili.
Di aziende  o privati in generale interessati non parliamone neppure; sperimentazione e ricerca nel nostro paese sono oggetti sconosciuti, se poi bisogna rimetterci pure qualche centinaia di euro suonano come bestemmie.
La lista delle criticità sarebbe lunga e complessa, altrettanto articolati sarebbero i report delle diverse azioni messe in campo e delle piccole ma significative innovazioni che abbiamo potuto sperimentare in questi tre anni.
Se a qualcuno interessa...

2 commenti:

  1. Non disperiamo prof. La storia ci insegna che siamo un paese di pendolari che aspetta un treno che, irrimediabilmente, arriva in ritardo: è così da sempre. Viviamo in una società di pregiudizio, ignoranza e disinformazione, è ormai abitudine che l'Italia arrivi almeno 20 anni dopo le altre nazioni. Che vogliamo fare? A parte le promesse a vuoto del consigliere De Sanctis (che in prima ci disse: quando voi andrete alle superiori tutte le classi avranno la LIM!) ci rimane ben poco. Non ci resta che piangere, e aspettare il treno.
    Un saluto,
    Gabriele Magro.

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    1. Non dispero Gabriele, anzi! Devo dire che personalmente mi basta l'esperienza umana e professionale che sto facendo con voi. Mi chiedo solo come si faccia a parlare senza conoscere le tante laboriose realtà che giorno per giorno sperimentano sul campo. Credo anche che la nostra società sia migliore di come la descriviamo. Basta far emergere le tante positività forse troppo silenziose, nascoste o poco considerate.
      Lavoriamo per questo... immagino anche il Direttore De Santis che allora auspicò una scuola capace di rispondere ai desideri e alle legittime aspirazioni della tua generazione.
      Un pezzo di strada l'abbiamo fatto... ora studia storia perché venerdì c'è la verifica :)

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